Dalla penna alla tastiera

Ai giorni d’oggi mi capita sempre più raramente, e non sono il solo, di scrivere a penna o a matita, come invece si usava fare fino ai tempi dell’università.

Per il lavoro che faccio ormai utilizzo quasi esclusivamente la tastiera, con cui riesco a scrivere molto più velocemente, anche perché correggere gli errori e raccogliere le idee è più facile e immediato.

Ma un tempo (a scuola, al liceo, all’università) ero uno scribacchino allenato: avevo, ed ho ancora invero, una penna e una matita per ogni esigenza, per gli appunti tecnici, la matematica, la letteratura e il disegno.

Ancora conservo questa passione per una “penna giusta al momento giusto”, ma ormai sempre più raramente mi capita di farne uso (tranne quando si devono apporre delle noiose o costose firme…).

In un certo senso è un peccato: dietro alla gestualità della scrittura c’è l’evolversi continuo della propria calligrafia (bella o brutta che sia), dall’infanzia al momento presente. Inoltre per produrre un documento cartaceo, con dell’inchiostro sopra, ci vuole più pazienza e lentezza rispetto allo scrivere con la tastiera. Con i ritmi spesso frenetici dell’epoca in cui viviamo questo tempo non c’è, oppure fare l’amanuense è considerato semplicemente obsoleto (contrariamente a quanto si possa pensare devo ammetterlo, per gli usi più comuni preferisco di gran lunga la tastiera).

Ma, nonostante tutto il discorso dei pro e dei contro, lo scrivere a mano conserva ancora il suo fascino e porta con sé memorie e storia.


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