M-ediocrità
Ho scritto questo pezzo circa un anno fa… allora non mi andava di pubblicarlo, lo consideravo forse un po’ forte, ma devo dire che rileggendolo per me ha ancora un senso, quindi lo faccio oggi. Chi di noi non ha conosciuto qualcuno simile a M.?
Ci sono persone che vivono la vita giocando di rimessa, e sicuramente M. è una di queste. La chiameremo così, come l’iniziale di mediocrità. Tutti ne abbiamo incontrata una almeno una volta nella vita, o meglio, è possibile che dobbiamo conviverci anche tutti i giorni, e in questo caso si spera di no. M. è pavida, mentale, egoista, infelice. Non si fida degli altri, perché fondamentalmente non si fida di se stessa. Delle sue emozioni più profonde e del suo istinto. Le sigilla dentro un sacchetto di plastica e le mette nel congelatore. Non capisce che quelle sensazioni sono un importante indicatore, una chiave, l’ago della bussola. Valuta tutto con attenzione, così tanta che la sua vita è priva di colore e felicità. Le parole per M. sono tutto, la struttura di un castello di carta da costruire intorno a qualsiasi cosa si possa analizzare, smontare, distruggere; per poi erigere nuovamente una costruzione fittizia intorno a qualcosa che ormai non c’è più, di cui si è persa l’essenza nel tentativo di fissarla con l’intelletto. Talmente occupata a descrivere e spiegare, cosa che apparentemente le riesce molto bene, dimentica che spiegare non equivale a capire.
Se scavi tu, a fondo, trovi una persona scialba, mediocre, senza coraggio e iniziative, che cerca delle scappatoie, o qualcuno che le risolva la vita al posto suo. Non cerca di diventare il cambiamento che vorrebbe vedere nella sua esistenza. Non capisce che in certi casi si deve soffrire comunque, per conquistare qualcosa o per perdere qualcosa. Sfacciatamente opportunista, si nutre delle energie degli altri perché ha paura di investire le proprie in qualsiasi cosa richieda un po’ di passione, un po’ di impegno. Con la sua passività ti spinge a risolvere le situazioni, più o meno inconsciamente tende trappole una dopo l’altra per tenerti legato. Agisce di testa, non ascolta la sua anima. M. non sa cos’è la spontaneità vera, non dà mai per dare. Tende a confonderti le idee perché una delle sue poche certezze è il dubbio, e come possibile cerca di instillarlo nel prossimo, per sentirsi ‘a casa’.
Quando gli altri si allontanano, M. a volte soffre, perché, guardandosi intorno, capisce (ma non è detto) di aver fatto qualche errore importante, di aver perso qualcosa. Ma ha troppa vergogna per ammetterlo. Meglio consolarsi col senso di colpa (se c’è) e lavarsi così la coscienza, per poi continuare a comportarsi nello stesso modo di prima. Non rischia mai di spogliarsi di quell’esteriorità che è solo ego, il vestito che la protegge dai pericoli del mondo esterno. Sarebbe troppo rischioso, comporterebbe un confronto vero.
Ci sono tante persone come M., effimere e superficiali. C’è una buona notizia: si possono individuare. Quando ti accorgi di averne una davanti significa che sei diverso, e se riesci a capirlo è una fortuna: significa anche che devi allontanarti. Stai dando perle ai porci, qualcosa di te che non viene capito o dato per scontato. Non c’è miglioramento, non c’è margine. Sei costretto e basta.
Apperò….e perché non continui a scrivere?